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Cominciamo a mettere le mani sul tornio -I    N. 258 Luglio 04

 
Fondamentali del tornietto

Le operazioni fondamentali sono: la tornitura cilindrica e la tornitura piana (spianatura, sfacciatura). Con la tornitura cilindrica si riduce il pezzo a un determinato diametro; nella sfacciatura si ottiene, invece,
una superficie piana perpendicolare all'asse del mandrino (e del pezzo).

In ambedue i casi, il pezzo viene trascinato in rotazione dal mandrino, tramite il motore e la trasmissione, mentre l'utensile viene fissato nell'apposita sede del portautensili. Mentre il pezzo gira (moto di taglio: deve essere
antiorario, cioè contrario a quello delle lancette dell'orologio, se visto dalla parte della controtesta), la punta dell'utensile, preventivamente avvicinata al pezzo in posizione idonea ad assicurare un'opportuna profondità
di passata (moto di registrazione), viene guidata lungo la superficie da lavorare (moto di alimentazione o di avanzamento).

La combinazione del moto di taglio e del moto di alimentazione genera il moto di lavoro. Grazie a questo, la punta dell'utensile stacca il truciolo, la cui dimensione (sezione) dipende insieme dalla profondità di passata e dall'entità dell'avanzamento.

Si dice velocità di taglio la velocità con la quale la superficie del pezzo passa davanti alla punta dell'utensile:
essa si misura generalmente in metri al minuto primo (m/min). La velocità di alimentazione o di avanzamento
è, invece, nel nostro caso, la velocità di spostamento della punta dell'utensile: si misura, quando occorra, in millimetri per giro del mandrino (mm/giro).

Al lavoro

Dopo tanta teoria, almeno quattro dei miei cinque lettori tireranno un respiro di sollievo, pensando:
«Finalmente veniamo al concreto»!

E' giusto. Ma poichè anche nella pratica bisogna procedere gradualmente, come primo lavoro di estrema semplicità, proponiamoci di costruire il pezzo schizzato (cioè non in scala rigorosa) nella figura sottostante.

Si tratta di un pezzo cilindrico pieno con diametro (finito) di 15 mm e della lunghezza di 25 mm.

Materiale: ottone (i materiali dolci sono i più adatti per cominciare). Tutte
le sue superfici devono essere lavorate: la parte cilindrica (tornitura cilindrica)
e le due estremità (intestatura).

Procuriamoci dunque una barretta di ottone con diametro di 16 - 17 mm e
della lunghezza di 26 - 27 mm dotata, cioè, di sovrametalli (in parole povere: leggermente sovrabbondante nelle dimensioni rispetto a quanto indica il disegno), i quali verranno asportati per giungere con la dovuta precisione alla superficie finita e alle dimensioni richieste.

E' ora il caso di precisare che la tornitura cilindrica si può eseguire montando il pezzo in uno dei due modi seguenti:

a) sul mandrino autocentrante;

b) fra punta e contropunta. E' qui più che opportuna una parentesi per un'adeguata illustrazione, innanzitutto, di quel prezioso strumento chiamato «autocentrante», illustrato nella figura successiva.


Osserviamo, innanzitutto, che il suo stesso nome e abbastanza significativo: vuol dire che, manovrato, provvede per virtù propria a centrare il pezzo in lavorazione, che e quasi sempre di forma cilindrica.

E centrare vuol dire far coincidere con buona approssimazione l'asse del pezzo (grezzo, cioè prima della
lavorazione) con l'asse del tornio.
Se ciò non fosse, e facile immaginare quale obbrobrio offrirebbe alla vista
(e anche all'utensile, poveretto!) un pezzo che girasse fortemente scentrato.


Ecco ora un disegno schematico del mandrino autocentrante dell'UNIMAT con le debite indicazioni, auspicabilmente da imparare a memoria. Esso ricalca le caratteristiche dei congegni similari utilizzati nei torni industriali, ma con qualche semplificazione idonea
al tipo di applicazione.

Nel disegno si vede chiaramente un corpo cilindrico con
tre scanalature radiali a T rovescio, entro le quali scorrono le tre griffe (in acciaio temperato, e quindi durissimo),
il cui movimento e comandato sincronicamente dalla rotazione della ghiera zigrinata di serraggio.

Qualche spiegazione: la ghiera di serraggio reca internamente un risalto a spirale (ovviamente non visibile nella fotografia) che si impegna in apposite appendici delle griffe (anch'esse da immaginare); facendo ruotare in senso opportuno la ghiera con l'apposita levetta, il risalto a spirale spinge contemporaneamente le tre griffe verso il centro a serrare saldamente il pezzo in posizione centrale. Per disimpegnare il pezzo, basta invertire il senso di rotazione della ghiera.

La tornitura all'autocentrante e il modo più sbrigativo, che viene usato per pezzi corti, quelli, per intenderci,
che, una volta montati, sporgono moderatamente dalle griffe dell'autocentrante.

Trovandosi, infatti, in questo caso il pezzo a sbalzo, una eccessiva lunghezza in rapporto al diametro sarebbe causa di cedimenti all'estremità libera, assai pregiudizievoli per l'azione dell'utensile, che lavora bene, com'è intuitivo, solo su pezzi sufficientemente rigidi.

Non diamo regole: l'esperienza diretta, meglio di ogni altra cosa, farà. capire quali proporzioni occorra rispettare.

Se il pezzo e lungo, abbisogna di sostegno anche all'estremità opposta al mandrino; ciò si ottiene, come
vedremo, utilizzando la contropunta.

Tornitura all'autocentrante

Per il lavoro progettato, l'uso dell'autocentrante e in tutta evidenza la migliore soluzione.

Prendiamo dunque la barretta di ottone precedentemente preparata e serriamone un'estremità fra le griffe dell'autocentrante, manovrando la ghiera mediante l'asticciola Ø 4 mm di corredo, introdotta nell'apposito foro visibile in figura, e accertando che la presa sia ben salda. Poichè le griffe sporgono dalla piattaforma per 10 mm,
la lunghezza libera del pezzo sarà di 16 - 17 mm.

Non potremo, dunque, lavorare in una sola volta la superficie cilindrica, ma dovremo operare
in due fasi successive.

Diamo ora un breve impulso di rotazione al mandrino (un attacca/stacca sull'interruttore) e controlliamo
se il pezzo gira decentemente centrato: ciò si nota meglio a bassa velocità.

Se ciò non fosse (!'autocentrante assicura, in genere, una discreta, ma non perfetta, centratura),
aprire le griffe e provare in un'altra posizione, eventualmente battendo, a macchina ferma, piccoli colpi
sul pezzo con griffe appena serrate a mano.

Montiamo il portautensili P (*) sulla slitta M e fissiamo nell'apposita sede lo sgrossatore sinistro: la sua punta
deve trovarsi alia stessa altezza dell'asse del pezzo. E' questa una norma di fondamentale importanza, da rispettare per tutti i tipi di utensili. In caso contrario, l'angolo
β assumerebbe un valore diverse dall'optimum
e l'utensile non lavorerebbe nelle migliori condizioni: e ammesso un piccolo spostamento in basso, dell'ordine
di alcuni decimi di mm, solo per operazioni di finitura.

Per il controllo della corretta posizione dell'utensile, ci si può servire di una delle punte, infilata nel cannotto
della contropunta Te avvicinata alla punta dell'utensile: se quest'ultima apparisse più bassa,
si rimedia mediante opportuni spessori (pezzetti di lamierino) inseriti sotto lo stelo dell'utensile.
Ma attenzione a non esagerare: tra i due mali, e meno pregiudizievole una punta un po' bassa,
che una troppo alta.

Per ottone, decidiamo di adottare la velocità di taglio v = 80 m/min. Dalla formula (1) ricaviamo la velocita di rotazione:


       
1)

  n  =

    1000  v          =   1000 * 80     = 1700 giri/min
   

         π D

  3.14 * 15

Sceglieremo la velocità di 1600 giri/min, la più vicina, per difetto, a quella calcolata.

II primo truciolo

Manovrando i volantini J ed N, portiamo la punta dell'utensile vicino all'estremità destra del pezzo,
mettiamo in moto il mandrino e sfioriamo il pezzo con la punta dell'utensile; poi spostiamo quest'ultima
verso destra fuori dal pezzo azionando il volantino .

Regoliamo ora la profondità di passata, ruotando il volantino N di un quarto di giro (profondità di passata
di 0,25 mm); col volantino spingiamo lentamente la punta dell'utensile verso la testa (figura 10).

Vedremo formarsi sotto la punta una superficie brillante, dovuta al distacco di trucioli sottili e minuti
(attenzione agli occhi!).

Ai principianti e bene consigliare una serie di prove manuali, a motore fermo, onde possano acquistare dimestichezza con il comando delle viti longitudinale
e trasversale e si rendano conto del modo in cui dev'essere azionato il volantino affinchè il carrello si sposti verso la testa motrice o viceversa, e come
agisce la vite di N sull'avanzamento trasversale, che, come si e visto, ha il compito di avvicinare l'utensile al pezzo e di regolare la profondità di passata.

Col tempo, si giungerà a una sorta di automatismo nell'esecuzione di questi movimenti.

Come gia sappiamo, ad un certo punto dovremo arrestare il moto longitudinale del carrello, onde
l'utensile non vada ad urtare contro le griffe dell'autocentrante; ritirata la punta dell'utensile col volantino N ( basta pochissimo), riportiamo a destra il carrello con l'utensile fuori dal pezzo. Fermato il motore, misuriamo col calibro il diametro della zona lavorata.

Con profondità di passata di 0,25 mm, la riduzione di diametro e di 0,5 mm. Attenzione a questa osservazione, della quale i principianti (e non!) spesso si dimenticano: la riduzione di diametro, nella tornitura cilindrica, e il doppio della profondità di passata.

Per regolare esattamente la quale, si tenga presente che l'avanzamento della slitta trasversale è di 1 mm
per ogni giro del volantino N, in quanto è di 1 mm il passo della relativa vite: per i decimi di millimetro ci si regola sulle tacche di riferimento visibili sul mozzo del volantino medesimo. E cosi dicasi anche per la vite longitudinale
e il relativo volantino J.

Controllato il diametro del pezzo, si ruota N di un altro quarto di giro e si esegue la seconda passata, poi la terza, e cosi via, finche il diametro non sia ridotto a 15,2 - 15,3 mm. Se si vuole ottenere una superficie molto liscia,
si sostituisce ora allo sgrossatore l'utensile finitore e si precede come sopra descritto, con l'avvertenza che il finitore esige profondità di passata non superiori a 1/10 di mm.

Avremo cosi lavorato circa la metà della superficie cilindrica del pezzo.

Spianiamone ora l'estremità libera (intestatura).

Montiamo sul portautensili lo sfacciatore sinistro, girato di circa 10° rispetto alla normale all'asse del pezzo,
come mostra la figura sottostante.


Messa in moto la macchina, sfioriamo con la punta dell'utensile la superficie d'estremità; con riportiamo la punta all'esterno del pezzo, con J facciamo avanzare il carrello di circa 1/10 di mm verso la testa.
Con N spingiamo ora la punta dell'utensile verso l'asse del pezzo; giunti al centro, tiriamo indietro la punta fino a disimpegnarla dal pezzo, attribuiamo al carrello un ulteriore avanzamento longitudinale di 1/10 di mm ed eseguiamo una seconda passata; e così via, finchè non abbiamo eliminato tutte le irregolarità della superficie.

L'intestatura si può eseguire anche usando lo sgrossatore destro, nella posizione segnata con tratteggio nella medesima figura .

I suggerimenti che andiamo esponendo vengono dalla pratica, ossia dall'esperienza: ma, essendo carattere peculiare dell'esperienza di essere personale, essi sono pur sempre teoria per chi non ha mai provato.


Quindi ognuno, sulla base delle proprie capacita ed attitudini, potrà in sede pratica adattarli,
perfezionarli, modificarli a suo criterio a norma dei risultati conseguiti.

Abbiamo cosi lavorato circa meta pezzo: aperte le griffe, capovolgiamolo e serriamo fra di esse la parte lavorata. Ripetendo le operazioni gia descritte, completeremo la tornitura cilindrica e l'intestatura della seconda estremità.

 Ci accorgeremo, a questo punto, di due inconvenienti :

1) la superficie cilindrica ottenuta nella seconda fase non coinciderà perfettamente con la prima; le due parti appariranno più  o meno disassate. Ciò e dovuto al non perfetto centraggio conseguibile con l'autocentrante; nemmeno la più accurata lavorazione potrebbe generare un autocentrante perfetto. Ma cosa c'è di perfetto in questo mondo?

2) non potremo misurare esattamente col calibro la lunghezza del pezzo. Al secondo inconveniente si ovvia con qualche semplice accorgimento; il primo, invece, e irrimediabile e rende, in genere, inaccettabile il pezzo.

Che fare, allora?

Evidentemente, per ottenere un buon risultato, e necessario lavorare la parte cilindrica in una sola volta,
partendo da un pezzo di lunghezza maggiorata in modo che sporga dalle griffe del mandrino dell'intera lunghezza
di lavorazione (anzi, un po' di più). La lunghezza iniziale della barretta dovrà essere, dunque, di poco meno che
40 mm. Potremo cosi tornire cilindrico per circa 27 mm. Ridotta la parte cilindrica al diametro precise, eseguiremo l'intestatura come gia detto. Poi col seghetto - curando di operare perpendicolarmente all'asse del pezzo - separeremo la parte lavorata da quella presa fra le griffe; tolta quest'ultima (inconveniente del metodo e che raramente questi mozziconi si possono riutilizzare), rimontiamo il pezzo capovolto, dopo averne misurato esattamente la lunghezza col calibro. Sapremo cosi quale spessore asportare nella seconda intestatura per giun-gere alla lunghezza voluta.

L'inconveniente del mozzicone residuo non c'è, quando il diametro del grezzo non supera 6,5 mm.
Si noti, infatti, che la pinola, forata assialmente, consente il passaggio di una barra continua fino a tale diametro.

Dovendo, ad esempio, costruire uno o più pezzi con Ø 6, infilata la barra Ø 6,5 nel foro della pinola, la si bloccherebbe nell'autocentrante, lasciando sporgere dalle griffe quanto basta per la lavorazione.
Ultimato il pezzo, lo si separa col seghetto, e si fa avanzare la barra quanto occorre per un altro pezzo.
In tal modo non si producono mozziconi; ne resterà uno solo a barra esaurita. Quanto più grande e il tornio,
tanto maggiore e il diametro del foro per il passaggio della barra; dall'Unimat non si può pretendere di più.



(*) Le lettere maiuscole in corsivo usate nel testo si riferiscono
     alla figura 3) di Prendiamo confidenza con le macchine utensili -I

 

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Dal periodico Bollettino FIMF, per concessione del Consiglio direttivo FIMF
www.fimf.it