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Prendiamo confidenza
con le macchine utensili -I                     
N. 256 Marzo 04
 
Eccoci giunti al punto in cui dobbiamo saltare il fosso e rassegnarci ad affrontare il tema: «macchine utènsili». Bisogna infatti dire chiaramente che chi aspira ad entrare nell'Olimpo del fermodellismo (almeno un trio, speriamo...) non può prescindere dall'ausilio di qualche macchinetta: in primo luogo, del tornio.

Per chiarezza, occorre precisare che le macchine utensili si possono classificare in due grandi famiglie:

I) Macchine che lavorano per «deformazione plastica» del materiale (magli, presse, coniatrici, laminatoi di vario tipo etc.);

2) Macchine con asportazione di truciolo (torni, fresatrici, trapani, brocciatrici, affilatrici, molatrici etc.): esse modificano i pezzi trattati asportando il materiale con appositi utensili, che agiscono «tagliando» dal pezzo, per l'appunto, il «truciolo».

Scorrendo l'elenco, a qualcuno verrà alla bocca un'osservazione del genere: «Caspita! qui ci vuole un'intera officina, altro che tornio ! E i soldi, o -meglio- gli euro ?».

Tranquillizziamoci. La macchina a cui possono limitarsi i fermodellisti è certamente il tornio, che nella realtà si presenta in versioni plurime, particolarmente adatte per certe operazioni. Ma noi limiteremo l'attenzione al tipo più diffuso e versatile: il tornio parallelo.

La fotografia qui sotto rappresenta un tipo esemplare di tornio parallelo ad uso industriale: vi sono indicati gli elementi basilari della macchina. Il banco è la massiccia incastellatura di base della macchina,: su di esso
vengono ricavate le guide prismatiche, sulle quali scorre durante il lavoro il carrello longitudinale/trasversale, cosiddetto perché, oltre al movimento longitudinale, è munito di una slitta trasversale (moto perpendicolare alle guide) sul quale è montato il «porta-utensili».

 
Fig. 1)

Godendo della possibilità di spostarsi longitudinalmente e trasversalmente, l'utensile, montato -come già detto -sulla slitta trasversale del carrello, è in grado di raggiungere con la sua punta tutte le posizioni utili per il lavoro, come vedremo più chiaramente in seguito.

Quanto ai costi, mi pare di aver già avvertito in precedenza che, in certe occasioni, è necessario allargare i cordoni della borsa. Con niente, evidentemente, non si giunge a niente. Ma la situazione è meno drammatica di quel che parrebbe a prima vista: quando si dice «tornio» (in ambito fermodellistico), si intende una di quelle macchinette appositamente studiate per l'esercizio del modellismo (e dell'oreficeria), le quali si prestano a funzioni multiple, spaziando non raramente, grazie alle caratteristiche proprie e a una ricca serie di accessori, nel campo delle altre macchine che abbiamo elencato.

L'acquisto comporta, indubbiamente, un esborso cospicuo: ma, una volta attuato, le spese necessarie sono ridotte a un livello accettabile, e ben inferiore a quello cui è assuefatto, non diciamo un collezionista, ma anche un fermodellista della seconda e della terza categoria.

Di proposito non espongo prezzi, in quanto esistono divari anche assai ampi fra le varie offerte del mercato. Ma la possibilità di scelta è assai vasta. Ritengo che a tutti i lettori sia capitato di osservare, magari nelle borse-scambio o nelle vetrine di qualche «ferramenta» di ragguardevole livello, ma soprattutto a Novegro, l'esposizione di esemplari interessanti. Ad ogni modo, è da notare che, dopo la... batosta iniziale si tratta di spese graduali,
che possono essere diluite nel tempo, man mano che se ne accerti l'utilità, restando obbligate solo le spese per gli utensili (lame, frese, punte elicoidali etc.) e i materiali di consumo.

Anziché impostare un discorso generico, lo scrivente ritiene che il modo migliore di prendere confidenza con le macchine utensili sia quello di esemplificare, facendo riferimento a una macchina ben precisa, da me ben conosciuta ed apprezzata, di cui mi sono dotato nel 1958, e che da allora ho usato intensamente e con intensa soddisfazione: il tornietto Emco Unimat, allora fabbricato dalla ditta Emco Maier & Co. di Hallein (Austria).
«Nel 1958 ? -dirà qualcuno, specie se molto giovane -Ma il '58 è preistoria. Che nesso può esserci fra la preistoria e il momento attuale?».

Non posso negare il peso dell'obiezione: ma, un tornio essendo sempre un tornio, qui l'evoluzione della tecnica non ha inciso sulla sostanza della macchina, ma solo su certi elementi di contorno. Ho perciò deciso di esporre innanzitutto come si imparava a lavorare sul torni etto Unimat di quasi cinquant'anni or sono, perché la tecnica delle lavorazioni è ancora quella; riservandomi di trattare in seguito dell'ultimo discendente dell'Unimat, del quale metterò in evidenza le varianti di struttura e le conseguenti possibili varianti di lavorazione. Perché, anche se qualche procedimento descritto per l'Unimat risulterà superato da accorgimenti successivamente adottati, l'aver imparato come si faceva con l'Unimat rimarrà pur sempre un prezioso arricchimento metodologico: il sapere acquisito, infatti, non va mai perduto.

Per sventare sospetti di «pareri interessati», a parte il quasi cinquantennio trascorso da quei tempi
(felici, per chi scrive), ribadisco che le mie lodi sono ben meritate. Basti notare, infatti, l'originale e
brillante idea di modificarne la struttura mediante l'adozione di guide longitudinali cilindriche, in luogo di quelle prismatiche consuete nei torni: il vantaggio è una radicale semplificazione della lavorazione, con evidente risparmio nei costi.

Ho appreso con disappunto la recente notizia che la Emco Mayer & Co. è stata smembrata in quattro parti e non esiste più nello stato del 1958. Pare che la costruzione delle preziose macchinette sia passata addirittura in Inghilterra sotto altro nome.

 

Il tornietto Emco UNIMAT '58

Assai numerosi tipi di tornietti per orologiai, orefici e modellisti (queste categorie di utenti hanno esigenze analoghe) sono disponibili sul mercato. lo ho deciso di trattare dell'Emco Unimat, non solo perché da me ben conosciuto, ma anche perché appositamente studiato e fin d'allora assai diffuso tra i modellisti (la Ditta vantava allora oltre 80.000 esemplari venduti nel mondo, fra le varie categorie di utenti), ma anche perché, pur ridotto alla più semplice espressione, mi è sempre apparso, sulla base della vasta esperienza maturata, un'ottima macchinetta, dalla quale il modellista esperto può ricavare presta7ioni decisamente al di là di quanto si potrebbe credere. Era allora, inoltre, di costo accessibile (L. 58.000'); la ricca dotazione di accessori. che si potevano acquistare a parte (od eventualmente costruire con la macchina medesima), lo rendeva (e lo rende tuttora per me e coloro che ancora lo usano) quanto mai versatile.

Nella pagina precedente appare una vista fotografica della macchina con la nomenclatura degli elementi costitutivi. Per poter procedere con cognizione di causa e una certa disinvoltura in seguito, è necessario che. esaminando accuratamente la figura d'insieme e le lettere indicative. impariamo a memoria con sicurezza le didascalie ivi apposte, tanto da riconoscere a prima vista i vari particolari in qualsiasi figurazione di un qualsiasi tornio

La conoscenza dev' essere sicura ed immediata. tanto da non dover ricorrere a sforzi mentali quando
la lettura o i grafici ci presentino qualche elemento del genere. Perciò, riesumando le mie passate abitudini di insegnante, assegno ai miei cinque lettori il «compito» di cui sopra: avete due mesi per attuarlo. perché nel prossimo numero de! Bollettino entreremo nel vivo dell'argomento. Credetemi: è indubbiamente un sacrificio, ma chi lo vorrà affrontare si troverà assai bene in seguito.


Generalità sulla macchina «tornio»

L'invenzione del tornio o -meglio- del suo principio di funzionamento, si perde nella notte dei tempi.
Pare tuttavia che risalga a non pochi secoli avanti Cristo; e non in Europa, come ci si potrebbe aspettare, ma in Asia, e precisamente in India.
Evidentemente i più antichi esemplari, di cui rimane qualche documento nei musei, erano assai rudimentali. Ma da essi traspare chiaramente l'intento di lavorare un pezzo mediante l'azione di un apposito utensile sopra un corpo rotante.

Come si intravede nella fotografia in calce, il principio di funzionamento è ancora quello di qualche millennio fa.

Ma il progresso tecnico ha introdotto una miriade di perfezionamenti, che hanno reso sempre più agevole la manovra della macchina e più accurato e veloce il lavoro compiuto. Il pezzo viene ora preso nel mandrino, quasi sempre di tipo «autocentrante» (vedremo poi il significato di questo strano aggettivo), montato sull'albero principale della macchina e posto in rotazione mediante un motore elettrico per il tramite di un congegno con diversi rapporti di velocità.

Al pezzo rotante viene accostata la punta dell'utensile, che stacca (ma se l'utensile non è ben affilato, strappa dalla superficie del pezzo un brandello di materiale (il «truciolo»), come mostra la figura schematica qui sotto
- Fig. 2) - (un po' esagerata nelle dimensioni).
Per poter lavorare i pezzi meccanici nelle migliori condizioni, bisogna stabilire caso per caso -come vedremo in seguito -la velocità opportuna di lavoro,
cioè la velocità relativa fra il pezzo in lavorazione e l'utensile che stacca il truciolo.

Dipendendo tale velocità dalle dimensioni del pezzo,
dalla durezza del materiale lavorato e dalle caratteristiche dell'utensile, bisognerà ad essa
adeguare la velocità di rotazione del pezzo.
I torni industriali sono dunque dotati di una
trasmissione (più intuibile che visibile nella fotografia allegata) e di un cambio di velocità idoneo a consentire per l'appunto la velocità di lavoro.

Qui giunti, sono opportune alcune precisazioni. Nelle macchine utensili in generale, e nel tornio in particolare,
sono infatti identificabili diversi tipi di movimento, e precisamente:

l) Il moto principale o di taglio, conferito al pezzo trascinato dal mandrino o in altro modo:
è un moto rotatorio a velocità costante attorno ad un asse, detto a,se del tornio;

2) Il moto di alimentazione o di avanzamento, moto rettilineo a velocità costante, conferito all'utensile montato sul carrello portautensile in modo ch'esso possa spostarsi sulla superficie di lavorazione, sia parallelamente all'asse del tornio (operazione prevalente), sia perpendicolarmente, sia in direzione inclinata rispetto all'asse del tornio.

La combinazione di questi due moti contemporanei di dice "moto di lavoro" e può essere di vario genere
a seconda che i moti longitudinale e trasversale del carrello siano l'uno nullo e l'altro no, oppure siano contemporanei e variamente combinati. Questi concetti un po' complessi si chiariranno quando ne
parleremo nell'esercizio pratico.


Testa motrice

E' attraversata dall'albero motore, detto più comunemente mandrino», molto robusto e forato per tutta lunghezza onde consentire la lavorazione di barre lunghe; porta dalla parte del banco un tratto filettato, sul quale vengono avvitati gli organi accessori di trascinamento del pezzo. Dallo stesso lato, è dotato di una sede adatta ad alloggiare una punta conica.

Controtesta

Consta di un robusto supporto recante una sede per la contropunta, di forma identica alla punta e contraltare a quest' ultima in modo che i loro assi individuino l'asse del tornio: tra questa coppia di punte vengono collocati per
la lavorazione i pezzi lunghi ( xxxxx fra le punte), mentre quelli di lunghezza limitata trovano sufficiente supporto nel mandrino autocentrante per la lavorazione a "balzo

Fig. 3)

A = motore elettrico potenza 90 W M = slitta trasversale
B = trasmissione N = volantino della slitta trasversale
C = pinola della testa  O = giide della slitta trasversale
D = Mandrino autocentrante a tre griffe  P = portautensili
E = viti a cava esagonale della testa  Q = vite per il fissaggio del portautensili
F = leva per spostamento della pino la  R = supporto della contropunta
G = spina a testa esagonale  S = vite per il bloccaggio di R
H = carrello  T = cannotto della contropunta
K = guide longitudinali del carrello  U = volantino per la manovra di T
I = vite di manovra longitudinale  V = vite per il bloccaggio di T
J = volantino della vite longitudinale  Z = contropunta
L = vite di bloccaggio del carrello  


Dal periodico Bollettino FIMF, per concessione del Consiglio direttivo FIMF
www.fimf.it