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Cominciamo a mettere le mani sul tornio -II    N. 259 Settembre 04

 

Tornitura interna (alesatura)

Giacché siamo... lanciati, passiamo ad 'un altro tipo di operazione: la tornitura interna,
detta - più propriamente - alesatura.

Per risparmiare materiale (con quel che costa l'ottone ... ), seguitiamo a lavorare sul pezzo appena ottenuto,
nel quale vogliamo praticare un toro assiale del diametro di 9 mm (Ø 9).

Prendiamo il pezzo nell'autocentrante, lasciando un paio di mm fra l'estremità interna e la piattaforma
(aria, nel gergo dei meccanici).



Sul cannotto T (*) della controtesta, avvitiamo il mandrino a tre griffe per punte da trapano,
(v. figura - posizione 6 - dell' articolo precedente;
per brevità, lo chiameremo, d'ora in poi, mandrino PT), e blocchiamo in esso una «punta per centrare» da 1,5 o 2 mm (quota d nel disegno!, reperibile in qualsiasi negozio di ferramenta.
 


Allentata la vite S, facciamo scorrere il supporto R sulle guide K fino a toccare il pezzo con la punta da centro: blocchiamo la vite S e, messo in moto il mandrino a velocità moderata e allentate le viti E, spingiamo
gradualmente con la leva F il pezzo rotante contro la punta da centro, fino a scavarvi un piccolo cratere (tratteggiato nella figura qui sopra).

Sostituiamo ora la punta da centro con una punta da trapano Ø 3 e foriamo il pezzo per tutta la sua lunghezza (foro passante), operando nello stesso modo che abbiamo descritto per la centratura.

Il foro di centraggio, ricavato precedentemente, ha lo scopo di creare un'imposta per la punta da trapano, che altrimenti scivolerebbe sulla superfìcie del pezzo, si distorcerebbe e, comunque, attaccherebbe probabilmente il materiale in posizione scentrala.

Disposta poi nel mandrino PT una punta Ø 6, ripetiamo l'operazione di foratura; ultimata la quale, il pezzo avrà un foro assiale Ø 6. La foratura è stata prevista in due tempi, essendo poco probabile che un principiante riesca con l'Unimat ad eseguire d'acchito un foro Ø 6.

In questa operazione, il tornietto lavora da «trapano sensitivo» con la differenza che. nel trapano vero e proprio,
il pezzo è fermo e la punta gira, avanzando verso di esso, mentre qui avviene il contrario; ma è intuitivo che ciò non ha nessuna importanza agli effetti del lavoro. Il trapano si dice «sensitivo» (come già abbiamo spiegato) in quanto l'azione manuale sulla leva è affidata alla sensibilità manuale dell'esecutore, il quale deve imparare a graduare istintivamente la pressione sulla leva medesima.

Il mandrino PT dell'Unimat non può prendere punte oltre il Ø 6: se ciò fosse possibile, si potrebbe giungere alla quota voluta con successive operazioni di foratura. Nel nostro caso, invece, dovremo completare il lavoro mediarne tornitura interna, che, in definitiva, e proprio l'operazione che vogliamo descrivere: ma essendo essa più lenta della foratura, conviene giovarsi di quest'ultima finché è possibile.
 

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Monteremo, dunque, sul portautensìli l'utensìle «per interni», ma non del tipo illustrato nell'articolo precedente, utilizzabile solo per cavità di diametro assai più grande. A noi serve un utensìle di forma particolare, come quello che appare nella figura della pagina precedente, tecnicamente denominato «utensile a stelo con testa a profilo costante».

Utensili di questo tipo si possono trovare negli empori di ferramenta, che esistono solo nelle grandi città
(dai quali, tuttavìa, ci si può rifornire per corrispondenza).

Sistemiamo dunque un tal tipo di utensile come mostra la sopracitata figura (in pianta, cioè vista dall'alto), verificandone l'altezza della punta come precedentemente suggerito; si noti che l'asse dell'utensile è quasi parallelo all'asse del mandrino. Prima di montare il portautensili, stringiamo la vite della slitta M fino a rendere leggermene dura la manovra del volantino N.

Assicuriamoci che le viti siano ben serrate e, con la consueta manovra di J e N, infiliamo la punta dell'utensile nel foro del pezzo e registriamone la posizione fino a sfiorare la superficie interra del foro, poi con J portiamola fuori dal pezzo.

La scelta della velocità di lavoro si fa con la nota formula (cfr articolo precedente), nella quale al posto di D si mette il diametro del foro.

Con V diamo uno spostamento ad M verso di noi (cioè verso l'esterno) di 0,1 mm (nell'alesatura è opportuno ridurre assai la profondità di passata) ed eseguiamo la prima passata completa nel foro, il cui diametro aumenterà di circa 0,2 mm.

Riportato il carrello al punto di partenza, altro spostamento su J di 0.1 mm e seconda passata; e così via,
fino a raggiungere il diametro voluto.

Per controllare il procedere del lavoro, possiamo usare, fra una passata e l'altra, il calibro a corsoio,
che è munito di due appendici (non riprodotte, per semplicità, nel disegno precedente del calibro),
idonee appunto alla misura di cavità interne, come mostra, per un pezzo cavo qualsiasi, la figura
sottostante.

 

Il foro ottenuto non sarà esattamente coassiale con la superficie cilindrica esterna. sempre a causa dell'imprecisione dell'auto­centrante.
 


Se la coassialità delle due zone è fattore essenziale (e per giudicare di ciò. bisogna guardare alla destinazione del pezzo), le due superfici. esterna ed interna, devono essere finite senza muovere il pezzo dall'inizio alla fine, cioè senza smontarlo dall'auto­centrante nelle fasi intermedie. Ecco come si potrebbe procedere, partendo da una barretta Ø 16 della lunghezza di circa 40 mm :

I ) tornitura cilindrica esterna a Ø 15

2) intestatura esterna

3) esecuzione del loro di centratura

4) foratura lino a Ø 6 per profondità 22-23 mm

5) tornitura interna fino a Ø 9

6) separazione con seghetto della parte lavorata,lasciandovi un sovrametallo di circa 1 mm

7) fissaggio del pezzo lavorato nell'autocentrante, ponendo all'esterno l'estremità messa in luce con il seghetto

8) intestatura di quest'ultima fino alla lunghezza voluta della parte lavorata (su quest'ultima operazione l'imprecisione del mandrino influisce in modo trascurabile).

In questi otto punti, abbiamo delineato un esempio di «ciclo di lavorazione»: ovverossia (definizione valida per qualsiasi caso) la successione delle operazioni da eseguire, elencate nell'ordine ritenuto il migliore per
raggiungere un determinato risultato.

Tornitura fra le punte

Vogliamo ora costruire un alberino con Ø 12 e lunghezza di 120 mm.

In questo caso, data la rilevante lunghezza del pezzo, la tornitura va eseguita fra le punte.

Procuriamoci una barretta Ø 13 dì acciaio dolce (per passare a un materiale più impegnativo e... poco costoso) della lunghezza di circa 125 mm, curando che le estremità siano abbastanza lisce e perpendicolari all'asse.

In caso contrario, ne eseguiremo l'intestatura da ambo i lati. Poi dobbiamo praticare i fori dì centratura alle estremità: per questo, bloccatane una nell'autocentrante e avviato il motore, spingiamo l'altra contro la punta da centro, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, dopo aver controllalo che giri abbastanza centrata.

Data la lunghezza del tratto a sbalzo, qui bisognerà sorreggerlo con la mano sinistra, mentre con la destra si aziona la leva F, si dovrà lavorare, quindi, a bassa velocità.

Girato il pezzo di 180", in modo analogo si ottiene il foro di centratura dall'altra parte.

Questa operazione richiede indubbiamente una certa abilità e molta attenzione; ma, con la debita prudenza,
non si faticherà troppo ad impratichirsi.


Sostituiamo ora all'autocentrante il platorellp menabrida avvitandolo sulla pinola e collochiamo le due punte, una
nel foro della pinola e l'altra nel cannotto della controtesta.

Infiliamo sopra un'estremità del pezzo la brida con la coda verso il platorello e stringiamo a fondo la vite di bloccaggio: poi imbocchiamo sulla punta collocata nella pinola il foro di centratura del pezzo, in modo che la coda della brida entri in una delle Ire asole del platorello.

Spostando il supporto della controtesta, impegniamo la contropunta nel foro di centratura dell'altra estremità e blocchiamo il supporto sulle guide K con la vile S.



Con U regoliamo esattamente la posizione della contropunta fino ad eliminare il gioco, ma in modo che il pezzo non sia troppo serrato. Infatti, mentre la punta della testa gira assieme al pezzo, quella della contropunta rimane ferma: bisogna perciò mettere un po' di grasso nel foro di centratura per evitare .surriscaldamenti durante il lavoro. Qui farebbe comodo, per la verità, una contropunta rotante, come quella compresa fra gli accessori opzionali dell'Unimat; ma, fìnché si lavorì a velocità non eccessivamente elevata, va bene anche la contropunta fissa, purché - come abbiamo detto - lubrificata con grasso.

Sistemato in tal modo, il pezzo è solidale col platorello e da quest'ultimo sarà trascinato in rotazione durante il lavoro. Regolata la posizione della contropunta, blocchiamo anche la vite V e assicuriamoci che siano strette pure le viti E della testa. Usando ora lo sfacciatore sinistro, riduciamo il diametro della parte vicina alla contropunta a circa 10 mm su una lunghezza equivalerne.

Smontiamo il pezzo e. fissata la brida sull'estremità lavorala, rimontiamolo con gli stessi criteri in posizione capovolta. Potremo ora, con lo sgrossalore sinistro eseguire comodamente le passate necessarie dall'una all'altra estremità fino al diametro voluto. Attenzione! Prima di cominciare, accertarsi che la brida non vada a sbattere, all'estremità della corsa, contro il carrellino il portautensili.

Ricontrollare anche, dopo le prime passate, che la tornitura non risulti conica. Per questo, misurare un'estremità del pezzo col calibro, presentandolo poi. nella stessa posizione, all'altra estremità: se il calibro passa senza
forzare e senza gioco, la tornitura e perfettamente cilindrica.

In caso contrario... - ahimè! - è necessario provvedere alla correzione (a meno che il difetto non sia ritenuto irrilevante ai fini del risultato).

Se il diametro è maggiore dalla parte della testa del tornio, significa che qui la punta è fuori dall'asse verso il retro della macchina; e viceversa se questo diametro è minore. Le due punte non essendo perfettamente allineate, l'asse del pezzo non è parallelo alle guide, ma obliquo, e perciò non cade sull'asse del tornio: e l'utensile tornisce conico. E' evidente che la conicità è tanto più pronunciata quanto maggiore è l'obliquità, legata al disassamento fra le punte.

Ma - osserverà qualcuno - la presenza della spina G, che entra in due fori corrispondenti, uno nella parte superiore girevole della testa e l'altro nella base, non ha proprio lo scopo, facendoli combaciare, di garantire l'allineamento delle punte? Sì, certamente, in teoria: ma la realtà non è così docile.

Dobbiamo accontentarci che la spina assicuri un assestamento solo approssimativo delle due parti: la perfezione costerebbe decisamente troppo per queste piccolissime macchine. Tuttavia il disassamento non supera qualche decimo dì mm, e quindi la conicità è modesta: ma se si vuole una buona precisione, bisogna compensare il difetto della G, ruotando la testa di quanto occorre per un accettabile allineamento delle punte. Operazione non diffìcile, peraltro: collocate nei loro alloggiamenti punta e contro­punta, spingere la controtesta verso la testa fino a che le due punte non siano affacciate. Ora appariranno chiaramente l'entità e il verso del disassamento: sfilata la spina G e allentata la vite a brugola sita nella parte esterna della testa sotto la trasmissione (non visibile nella fotografia), con piccoli colpi si potrà ottenere quella minima rotazione della testa necessaria per l'allineamento.

Dopo di che si stringerà opportunamente la suddetta vite a brugola e si reinfilerà nel suo foro la spina G. la quale in genere rimane tuttavia a mezza altezza, mancando il foro inferiore, perche la rotazione della testa ha sfalsato, sia pur per poco, i due fori corrispondenti.

Ma ciò non nuoce menomamente alla capacità di lavoro del tornio.Come si vede, la tornitura fra le punte è assai più laboriosa della tornitura all'autocentrante. Ma, rispetto a quest'ultima, presenta il vantaggio che l'inversione del pezzo a metà circa del lavoro non pregiudica la coassialità delle due parti lavorale separatamente.

Tornitura su spina

Quando il pezzo è molto corto e di diametro non compatibile con quello di una barra passante nel foro della pinola, si può ricorrere alla tornitura «su spina»; la quale ultima altro non è che un cilindro corto con la sede del pezzo e una coda filettala, in virtù della quale, di una rondella e di un dado, il pezzo vien reso solidale con la spina
(v. figura). Per non lasciare dubbi: il pezzo - in questo caso un assai corto corpo cilindrico con foro assiale, viene infilato sulla sede della spina e infine bloccato con il dado avvitato sulla coda della spina. Montato il corpo della spina nell'autocentrante, il pezzo può essere lavorato a tutt'agio.La spina si ottiene mediante lavorazione sul tornietto medesimo: all'infuori della filettatura, della quale ci occuperemo in seguito, il resto per noi è ormai di normale amministrazione: o no? Così ci appare evidente che il foro nel pezzo deve andare d'accordo con la sede, cioè presentare il gioco previsto dalle tabelle di tolleranza per un accoppiamento lìbero.





Tutto bene, dunque? Beh. anche questo metodo ha i suoi lati deboli. Quando sìa richiesta una buona precisione, ogni lavoro vorrebbe... la sua spina. Infatti la già notata imprecisione dell'autocentrante si fa sentire in ogni caso, per cui la superficie esterna finita non sarà coassiale con T asse del pezzo. E qui bastano pochi centesimi di millimetro per guastare numerosi lavori. E allora...? lo vedremo la prossima volta.








(*) Le lettere maiuscole in corsivo usate nel testo si riferiscono alla figura 3 di
     Prendiamo confidenza con le macchine utensili -I

 


Dal periodico Bollettino FIMF, per concessione del Consiglio direttivo FIMF
www.fimf.it